giovedì 28 aprile 2022

Le case medioevali di Imola: casa Rambaldi e casa Della Volpe

Imola è una città ricca di edifici medievali che hanno conservato in buona parte il loro aspetto originario. Tra queste troviamo Casa Della Volpe e Casa Rambaldi che, almeno esternamente, non hanno di molto mutato il loro aspetto nei secoli.


Casa Della Volpe

Questa casa fu costruita dalla famiglia della Volpe alla metà del ‘400. In questa antica dimora, nel 1474, nacque il famoso capitano della milizia della Repubblica di Venezia: Taddeo della Volpe. 

Tra il 1518 ed il 1820 l'edificio fu sede del Sacro Monte di Pietà


(La facciata esterna di Casa della Volpe, in via Don Bughetti n.1)

La casa è un esempio di architettura civile di carattere patrizio. La mole massiccia e la caratteristica parte superiore, dove sono presenti degli archi a mensola, la fa apparire come una “casa fortificata”.


La famiglia Gabetti acquistò la casa nell’Ottocento e nel 1902 la donò all'ordine delle Ancelle del Sacro Cuore. In quell'occasione l’abitazione fu ristrutturata e fu aggiunta una piccola cappella privata e una scala nel corpo centrale dell'edificio. Nel 1989 fu poi venduta a privati e non è aperta al pubblico.


(La targa commemorativa posta sulla casa)

Taddeo Della Volpe 

Taddeo Della Volpe, nato ad Imola nel 1474, è stato uno dei capitani di ventura nel XVI secolo. Si distinse per il suo coraggio e audacia. Viene ricordato principalmente per aver comandato le truppe della  Repubblica di Venezia durante la guerra contro i turchi. Fu anche a servizio di Cesare Borgia e di Papa Giulio II. Un monumento funebre in suo onore è situato a Venezia, nella chiesa di Santa Marina, dove morì nel 1534. 


Casa Rambaldi

Tra le antiche dimore imolesi, si nota sulla via Emilia Casa Rambaldi. La casa è di originale impianto trecentesco, ma fu rimodernata nel Quattrocento. Sulla parte superiore della facciata dell'edificio si sono conservati degli affreschi quattrocenteschi.

La famiglia di Benvenuto Rambaldi, famoso commentatore dantesco, è stata la proprietaria della residenza.

Attualmente l’edificio non è visitabile siccome è di proprietà privata.

(Facciata esterna di Casa Rambaldi sulla via Emilia)


Benvenuto Rambaldi

Rambaldi nacque ad Imola, probabilmente nel terzo decennio del 1300, ma nessuno ha individuato esattamente l’anno. Secondo fonti Imolesi e bolognesi, il padre Boncompagno svolgeva l’attività di notaio a Imola, professione radicata in famiglia, infatti  anche due fratelli del padre e il figlio Anchibene furono notai. Non si conosce né il nome né il casato della madre, alcuni ipotizzano fosse la sorella di Pietro Passeri o Passerini. Non siamo sicuri neanche del suo cognome, infatti viene quasi sempre citato come Benvenuto da Imola e in pochi casi viene aggiunto “de Rambaldis” o “Rambaldi”. Molto probabilmente  il cognome Rambaldi è stato assegnato a lui e alla sua discendenza dopo la morte, per rendere nobile il suo casato borghese.

Benvenuto fu istruito dal padre, che aveva anche una scuola di diritto nella sua città e sembra abbia studiato anche a Bologna.

Conclusi gli studi, acquistò fama come storico, lettore e commentatore di autori antichi tra cui: Valerio Massimo, Livio, Eutropio e Sallustio.

Tra il 1361 e il 1362 fu a servizio di Gomez Albornoz governatore della città di Bologna. Benvenuto gli dedicò il Romuleon (1361-1364), un’opera sulla storia romana dalla distruzione di Troia fino a Diocleziano in dieci libri. Non era molto originale come opera storiografica, ma metteva in mostra le sue vaste letture storiche. Il Romuleon ebbe tuttavia un grande successo e fu tradotto anche in francese.


(Targa commemorativa di Benvenuto Rambaldi)

Sembra che nel periodo febbraio-marzo del 1364 abbia incontrato Petrarca in visita a Bologna presso il legato papale o forse lo abbia incontrato proprio ad Imola, quando Petrarca si fermò di passaggio per andare nel Casentino.

Il 20 marzo 1365 fu inviato, su incarico del Consiglio degli Anziani, ad Avignone per richiedere l’aiuto di Urbano V contro Azzo e Bertrando degli Alidosi, ma la sua missione fallì, infatti gli Alidosi presero il potere ad Imola e Benvenuto scappò dalla città. Fu costretto a trasferirsi a Bologna insieme alla moglie Isabetta, dove vi rimase per  per 10 anni  ad insegnare gli autori latini classici e moderni. In questo periodo contribuì alla rinascita culturale della città assieme a Pietro da Moglio e Coluccio Salutati. In questi anni iniziò con le prime letture di Dante nella scuola privata in cui insegnava da cui nacque la sua opera più importante: il "Comentum super Dantem" che fu uno dei commenti più rilevanti del XIV secolo, era scritto in latino, quindi non ebbe successo popolare, anche se non fu scritto in un latino classico, ma in latino medievale e scolastico, con espressioni anche volgari  quindi lontano dalla raffinatezza di altri autori, però, proprio per questo era più vicino al linguaggio dantesco.

Negli anni successivi si trasferì a Ferrara presso Nicolò II d’Este, qui riprese il suo lavoro di storiografo, in particolare compose una rassegna sugli imperatori da Giulio Cesare a Venceslao intitolata “Augustalis libellus”.

La sua morte viene datata tra il 1387 e agosto 1388 quasi sicuramente a Ferrara.


Lavoro di ricerca a cura di

Elisa Laghi

2^C-AFM


mercoledì 27 aprile 2022

Il campanile millenario di Santa Maria in Regola

Il campanile romanico dell’abbazia di Santa Maria in  Regola è uno dei monumenti più antichi di Imola. Il nome pare derivi dal termine latino “arenula” usato per indicare che, in epoca romana, in quel luogo si trovava un’arena o un teatro. In alternativa si ipotizza che il termine faccia riferimento alla “regola” dei monaci benedettini.


(Il campanile di S.Maria in Regola visto dall'alto)


Il campanile è stato riconosciuto come l’elemento architettonico più antico della struttura, in quanto le prime notizie che lo riguardano risalgono all’XII secolo, ma probabilmente la costruzione è più antica.  La torre è caratterizzata da una struttura poliedrica formata da sedici lati, man mano più ristretta verso l’alto e si innalza per 23 metri. 

Lo stile del campanile cilindrico riporta ad una matrice ravennate, nonostante la base a sedici lati della torre sia un’evidente costruzione distinta da quelle di Ravenna. 


Il campanile prevedeva in origine un giro di otto finestre monofore a tutto sesto, le quali sono state poi tamponate, sette di queste sono ancora visibili. La zona posta superiormente all’estradosso delle monofore presenta non solo laterizi romani, ma anche mattoni medievali, risalenti al XIII secolo. 

Gli interventi di tamponamento delle monofore sono invece risalenti al XIV e XV secolo, insieme all’aggiunta di bifore caratterizzate da arcate ogivali e della guglia cuspidata, inizialmente posta alla sommità e crollata nel 1803. 

Quando nel 1896 ci fu il restauro del monumento, vennero posizionate due catene circolari in ferro, ancora attualmente visibili.
Purtroppo, nonostante l’abbazia di Santa Maria in Regola sia tra i più antichi monumenti di Imola è uno dei meno conosciuti ed andrebbe valorizzato in quanto, durante l’età medievale, fu una delle istituzioni imolesi più importanti.


ricerca a cura di 

Ilaria Sergi

2^C-AFM

lunedì 25 aprile 2022

Il palazzo vescovile di Imola: ottocento anni di storia, architettura e cultura

Visitando il centro storico della città di Imola, in Piazza del Duomo, ci si imbatte nel Palazzo Vescovile, residenza del vescovo della città e museo. 


(La facciata esterna del palazzo vescovile di Imola)


La costruzione dell'edificio iniziò nel 1187. In totale, per arrivare alla forma attuale del palazzo, servirono circa 650 anni di lavori. I primi lavori di recupero e ampliamento dell'edificio medievale iniziarono nel 1452 e ripresero nel 1511, dopo che le truppe di Cesare Borgia lo assediarono durante la loro occupazione di Imola, nel dicembre del 1499.

Le modifiche più importanti all'edificio iniziarono a partire dal Settecento con l'architetto Cosimo Morelli

Furono aggiunti l’ala nord-ovest verso il giardino e l’ala “dalla banda della Rocca” a sud. Venne poi edificata anche un'ala a sud-ovest, per ospitare i visitatori illustri, secondo la volontà del vescovo Giovanni Stefano Donghi

Negli anni successivi vennero aggiunte tele raffiguranti soggetti sacri nelle sale principali e damaschi rossi abbinati a importanti arredi, attualmente ancora presenti nel palazzo.

 

(L'intero complesso del palazzo vescovile visto dall'alto)

Successivamente, il cardinale Gian Carlo Bandi fece aggiungere un atrio e il monumentale salone d’onore. 

La galleria annessa all’anticamera dell’appartamento nobile fu fatta affrescare dal vescovo di Imola Barnaba Chiaramonti, futuro papa Pio VII mentre un altro futuro papa,  il vescovo Giovanni Maria Mastai Ferretti (Pio IX) decise di restaurare l’intero edificio, rinnovando le tappezzerie in damasco e, nel 1845, fece rifare l'intera facciata che prese la forma attuale. La facciata, lunga 73 metri, presenta due portoni d’accesso e quattordici finestre, posizionate simmetricamente. 

La cappella privata del vescovo è stata invece progettata dall'architetto Giovanni Rambaldi.

All’interno del palazzo si trova un giardino, al cui centro si trova un obelisco, la cui provenienza è attualmente sconosciuta.

(Interno del giardino del palazzo vescovile)

Da oltre otto secoli, il palazzo vescovile ha lo scopo di fungere da sede del vescovo di Imola e della sua curia, ma oggi ha anche funzione museale: al suo interno si trovano il Museo Diocesano e il Museo delle Carrozze oltre all’Archivio Diocesano. Durante la Seconda guerra mondiale il palazzo fu utilizzato anche come rifugio antiaereo per i cittadini, che trovavano ricovero nelle sue cantine durante i bombardamenti.


Papa Pio IX 



Trai diversi vescovi di Imola divenuti papi ricordiamo Papa Pio IX, perché è a lui che si deve l'attuale forma del palazzo vescovile. Egli nacque il 13 maggio 1792 a Senigallia con il nome di Giovanni Maria Mastai Ferretti. E'
 conosciuto come il pontefice del non expedit, che, in seguito all'unità d'Italia e alla breccia di Porta Pia, portò al divieto della partecipazione alle elezioni politiche italiane e successivamente alla vita politica nazionale italiana per tutti i cattolici. Il suo pontificato fu il più lungo a seguire quello di san Pietro Apostolo. 

Papa Pio IX, prima di essere nominato pontefice, fu vescovo della Diocesi di Imola, nominato tale da Papa Gregorio XVI e rimase nella città fino al 1846. 


Al museo diocesano di Imola sono esposti vari cimeli legati a lui, tra cui calici, rosari e pianete, un grande rosario in madreperla donato alla statua della Madonna del Rosario, della chiesa di San Domenico. 

Cincinnato Baruzzi realizzò un busto diocesano del pontefice, che possiamo trovare nel museo diocesano.


ricerca a cura di Ilaria Sergi

classe 2^C-AFM

La "chiesa dei partigiani": San Giacomo Maggiore di Imola

La chiesa di San Giacomo Maggiore del Carmine con annesso il suo convento è situata a Imola in Via Emilia 32. E’ una chiesa trecentesca rinnovata nel 1700, costruita grazie all’unione della parrocchia di San Giacomo e del convento carmelitano di Santa Maria. La prima sede della chiesa, tuttavia, si trovava in piazza Abate Ferri, a 200 metri dalla posizione attuale. La particolarità di questo luogo sacro è che all'interno del convento si possono trovare marionette e burattini dell'Ottocento, provenienti da tutta Italia e da paesi esteri.

Le origini

Nell' XI secolo abbiamo le prime notizie sulla prima collocazione della parrocchia: si trovava nella chiesa in piazza Abate Ferri lungo la via Emilia, tuttavia in questo periodo non aveva ancora tutte le funzioni parrocchiali ed era situata al di fuori della cinta muraria di Imola. 

Nel 1323, con l'autorizzazione di Papa Giovanni XXII, dei frati che abitavano nel convento del Carmine vicino alla parrocchia primigenia, costruirono la Chiesa del Carmine. Essa, a differenza della prima sede, era parrocchia e si trovava all’interno delle mura della città.

Tra il 1450 e il 1500 la nuova chiesa e il convento furono ampliati e completati con ricchi arredi sacri. 

Attorno al 1800, durante il periodo napoleonico, il convento e la Chiesa del Carmine vennero abbandonati dai frati, a causa della soppressione degli ordini religiosi, ma già nel 1819, il convento e la chiesa ritornarono ad essere sede della parrocchia con il nome attuale di San Giacomo Maggiore del Carmine. 



(Cerchiata in rosso la collocazione originaria della chiesa in un'antica rappresentazione di Imola)


L'importanza della chiesa durante la Seconda guerra Mondiale

Durante la Seconda guerra mondiale questa chiesa diventò il rifugio di molti militari sbandati e prigionieri di guerra, profughi, disertori polacchi e russi arruolati forzatamente dai tedeschi, ebrei, partigiani e dirigenti politici ricercati dai fascisti, arrivando ad ospitare fino a 350 persone. Nella chiesa, il 14 aprile 1945, si tenne una riunione con comandanti delle brigate di Imola e il presidente del Comitato di Liberazione Nazionale; decisero l'insurrezione di Imola contro i nazifascisti. 


(Interno della Chiesa di San Giacomo Maggiore del Carmine)

La struttura

Nel 1720 la Chiesa di San Giacomo Maggiore del Carmine fu rinnovata e ampliata dall’architetto Domenico Trifogli. 

Per le modifiche, l’architetto si ispirò ad alcune costruzioni romane, dando caratteristiche neoclassiche alla chiesa. La ristrutturazione totale non ha necessitato la demolizione della chiesa già presente, perciò sono stati conservati i muri principali, il portico d’ingresso e le volte.

Trifogli ha inizialmente innalzato tutto l’edificio, poi ha costruito, dalle fondamenta, il presbiterio (zona dove si trova l’altare), il coro e la zona dietro all’altare. L'interno è composto da una navata unica, presenta 6 cappelle laterali decorate da colonne corinzie, di fronte all’altare troviamo l’assemblea. 

Il soffitto, costituito dalle volte, rimase privo di decorazioni creando contrasto con la parte inferiore che è ricca di finiture. Facendo così, lo sguardo è concentrato verso la lunghezza della chiesa e non verso l’altezza. 

Dopo qualche anno, finiti i lavori di Trifogli, venne apportata un’altra modifica: la facciata della chiesa inglobò il portico. 


Il convento

Al convento si accede per uno scalone con il soffitto affrescato. Anch'esso nel 1700 ha subito varie innovazioni: venne innalzato il campanile venne rifatta la parte posteriore della struttura. Nel corridoio è presente una pinacoteca e all'interno, attualmente, è situato il Museo dei burattini, marionette e teatrini italiani e stranieri dell’Ottocento e Novecento. 




Le decorazioni nella chiesa

L’interno della Chiesa di S.Giacomo Maggiore è ricco di finiture  e opere d’arte. Nel presbiterio troviamo due organi racchiusi in casse decorate. Il coro e l’altare maggiore sono ornati da intagli. 

Lungo la navata sporgono pilastri dal muro sui quali è dipinta la Via Crucis . Sul lato sinistro si trovano tre cappelle: nella prima sono collocate una statua della Madonna del Piratello e una di Gesù. Nella seconda abbiamo un’altra statua che raffigura la  Madonna. Nella terza è situata la statua della Madonna del Carmine con in braccio il figlio Gesù, ai lati troviamo le statue dei profeti Elia ed Eliseo.

Dopo possiamo osservare l’altare maggiore in marmo in fondo alla navata principale, con di fianco le due cantorie. 

Anche nella parte destra della navata si aprono altre tre cappelle con statue in stucco e tele sempre di ispirazione mariana.


                     Lavoro di ricerca a cura di

Vanessa Berardi

2^C-AFM


BIBLIOGRAFIA

Andrea Ferri, Alessandro Seravalli e Marco Violi, Guida della Chiesa di San Giacomo del Carmine in Imola, Imola: Il Nuovo Diario Messaggero, pp 9-56


Palazzo Sersanti: una residenza signorile da 500 anni nel cuore di Imola

A rendere unica piazza Matteotti, la piazza centrale della città di Imola, abbiamo Palazzo Sersanti un edificio imponente e maestoso, uno dei primi edifici signorili di impianto rinascimentale d' Italia (e quindi del mondo), residenza di Girolamo Riario, nipote di Papa Sisto IV e signore di Imola, che lo fece edificare nel 1480 dall’architetto Giorgio Fiorentino

(Facciata di palazzo Sersanti su piazza Matteotti)


Girolamo Riario

Girolamo Riario è il personaggio più importante legato alla costruzione del Palazzo Sersanti.
I suoi genitori erano Paolo e Bianca della Rovere e nacque a Savona nel 1443; avendo uno stretto rapporto di parentela con il pontefice, per lui fu facile spianarsi la strada per una brillante carriera pubblica.


Le notizie sulla vita di Riario sono scarse ma sappiamo che durante gli ultimi anni della sua vita ottenne la signoria di Imola grazie a Galeazzo Maria Sforza, del quale più tardi sposò la figlia Caterina Sforza, che aveva appena quattordici anni.
In questo periodo il suo potere crebbe molto: quando nel 1474 morì il fratello Pietro, la sua influenza sul papa aumentò; sostenne inoltre la politica espansionistica di Sisto IV e organizzò la congiura dei Pazzi contro i Medici, nel 1478. Quando il signore di Forlì, Pino Ordelaffi morì, ottenne anche la signoria di Forlì.
Dopo la morte dello zio nel 1484, la sua fortuna cessò. Col tempo venne infatti circondato dal malcontento e dall’odio, soprattutto da quello di Lorenzo il Magnifico e, nel 1488, Checco Orsi, Ronchi e Pansecchi si introdussero con l’inganno nel palazzo della Signoria e lo accoltellarono a morte.


Quando e perché venne edificato il Palazzo Sersanti?

È proprio mentre era in possesso della signoria di Imola, che Girolamo fece costruire quello che ora chiamiamo Palazzo Sersanti, ma allora era conosciuto come Palazzo della Signoria, per stabilirvi la sua residenza. Realizzato tra il 1480 e il 1484, il palazzo venne edificato per abbellire la città e arricchirla, nella speranza di ottenere un importante investitura e fare di Imola una signoria prestigiosa.


(il palazzo all'inizio del secolo scorso, come si nota le finestre erano state murate)


Nel 1481 Girolamo Riario aveva ispezionato i lavori del palazzo e, per accelerare la costruzione, vi concentrò molti muratori e carpentieri; così i lavori andarono avanti velocemente e si interruppero solo quando morì Sisto IV.
Una volta finito il periodo storico delle Signorie, l’edificio modificò il suo scopo e nella zona del piano terreno vennero collocate delle botteghe.
Alla fine del Settecento la proprietà fu poi acquisita dalla famiglia Sersanti, di cui conserva tuttora il nome.
Attualmente il palazzo è di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola, ospita al suo interno le collezioni d’arte della Fondazione ed è sede del Circolo Cittadino Sersanti


Analisi del palazzo


Il progetto iniziale prevedeva che l’edificio avesse un ampiezza maggiore e si sviluppasse di più lateralmente, lungo la via Emilia e la via Aldrovandi; ma la costruzione si limitò molto sulle fiancate e non arrivò ad unirsi al giardino, come invece prevedeva il progetto.
Così il giardino restò separato dal palazzo e più tardi Caterina Sforza ne curò la manutenzione e fu chiamato così il Giardino di Madonna Caterina.
Con la morte di Girolamo Riario il primo piano non fu adibito all’uso per cui era stato progettato e neanche utilizzato come abitazione, così venne usato dai garzolari per la conservazione dei bachi da seta.
I mezzanini (piano di servizio tra il pianterreno e quello nobile), che nel progetto originale dovevano essere collegati al piano nobile per i servizi necessari alla Signoria furono uniti ai negozi sottostanti, creando gruppi formati da un negozio, il retrobottega e il relativo mezzanino. 

Nell’Ottocento cominciarono i restauri, che interessarono le colonne del loggiato, lo scalone e i piani superiori. Venne poi ultimata la parte interna, rimasta incompleta per più di trecento anni.
Sul lato rivolto verso la piazza si sviluppa il portico, formato da quattordici archi. Un'altra parte dell’edificio si affaccia su un cortile, oggi molto modificato da nuovi complessi che ne impediscono la vista.



I molteplici nomi del palazzo durante gli anni
L’edificio doveva diventare il palazzo della Signoria, ma ciò non avvenne perché restò incompiuto, per questo fu chiamato Palazzo del signore. Venne chiamato così per tutto il tempo in cui la famiglia Riario ebbe potere su Imola. Quando i Riario smisero di avere il dominio di questa città, l’edificio cominciò ad essere chiamato palazzo dei signori Riario, poi in seguito palazzo dei Garzolari e infine del Pavaglione.
Alla fine del secolo scorso venne poi denominato Sersanti dalla famiglia che lo ebbe in proprietà nell’Ottocento. 


Il Palazzo Sersanti è un importante e grandioso monumento storico di Imola, che i futuri turisti di questa piccola città e i suoi stessi abitanti non possono ignorare, per informarsi sul loro passato ed esplorare la propria storia.


ricerca a cura di 

Sara Baldisserri

2^C-AFM

sabato 23 aprile 2022

Quando Imola si chiamava Forum Cornelii

La Nascita della Città

La Pianura Padana, fino al II secolo a.C., era territorio dei Galli, quindi i romani decisero di conquistarla seguendo tre fasi ben distinte: la realizzazione di una via consolare, la creazione della centuriazione seguita dall’assegnazione delle terre ai coloni e la fondazione delle città. La strada venne ultimata nel 187 a.C. e venne nominata “via Emilia”, in onore di Marco Emilio Lepido suo realizzatore. Dopo la realizzazione della strada si cominciarono a dissodare i territori a nord, costituiti per la maggior parte da foreste e paludi. Dopo un periodo che possiamo definire “coloniale”, i romani cominciarono a realizzare una vera e propria urbanizzazione del territorio che sottrassero ai Galli. 

Solamente dopo la metà del I secolo a.C. Forum Cornelii acquistò lo status di città. Il nome molto probabilmente fu dato in onore del vincitore della guerra sociale, che aiuterà poi l’ascesa di Giulio Cesare, ovvero Lucio Cornelio Silla.

Già dal termine forum si capisce la vera natura della città, infatti essa era un mercato e un punto di ritrovo per i commerci che andavano da ovest a est lungo la via Emilia e la via Selice verso le valli e i porti palustri a nord.

Nei sobborghi occidentali esisteva un grande anfiteatro, che poteva contenere più di diecimila persone e da ciò gli studiosi hanno potuto affermare che Imola aveva un’ alta densità della popolazione già all’epoca.

(mappa di Imola di Leonardo in cui è visibile la centuriazione)

La centuriazione

La centuriazione romana consisteva nel dividere secondo uno schema ben preciso un pezzo di terra, che poteva andare da un campo a una città. Per realizzare una perfetta centuriazione si doveva dividere lo spazio in modo da formare angoli retti tra le strade, i canali, gli appezzamenti agricoli.

Come detto prima, dalla pianta della città di Imola si può scorgere la centuriazione che è stata eseguita durante la fondazione, infatti possiamo vedere i diversi angoli retti che le strade formano incrociandosi tra di loro. L’intersezione tra via Emilia e via Appia, rispettivamente decumano e cardo massimo, formava la piazza della città, l’antico forum, il quale era il centro della vita politica, sociale ed economica. Addirittura oggi sono stati trovati resti del vecchio Foro, pavimentato con un lastricato di marmo durante l’età imperiale, sotto alla piazza dedicata ai Caduti per la Libertà. 

(mappa della centuriazione romana in Emilia-Romagna)

Archeologia urbana
Negli ultimi anni sono stati effettuati degli scavi archeologici all’interno del centro storico che hanno portato alla luce una fase edilizia molto antica, che potrebbe risalire agli inizi del II secolo a.C. o addirittura anche al III secolo a.C., quindi in un periodo antecedente all’epoca coloniale. Gli scavi più significativi sono:

1. Ex chiostro di San Francesco (Biblioteca Comunale)
Nel maggio del 1989 furono effettuati degli scavi sotto l’ex chiostro di San Francesco. Si arrivò a una profondità di 3,40 metri e le sezioni che vennero a galla non furono considerati di grande importanza dagli archeologi, tranne per alcuni frammenti di ceramica medioevale antica nei livelli superiori e alcuni frammenti di marmo che probabilmente derivavano da un importante edificio o domus romana nei livelli inferiori. 
A 2,80 metri è stata trovata anche una struttura muraria in ciottoli di fiume, sulla quale si posava una fogna in mattoni risalente ai romani. Grazie al ritrovamento di un frammento abbastanza grande di patera a “vernice nera” sullo strato sul quale poggia il muretto ciottolato, si può attribuire il primo manufatto all’epoca repubblicana, invece la fogna dovrebbe risalire all’epoca imperiale.

2. Via Verdi
Gli eventi storici che hanno segnato la città dalla preistoria fino al Medioevo sono stati ricostruiti grazie ad altri scavi effettuati in via Verdi e di nuovo nell’ex cortile di San Francesco, infatti questi ritrovamenti sono tra i più importanti dell’ultimo decennio. In poco più di tre metri sono stati trovati segni che ci narrano la vita quotidiana dell’uomo, caratterizzata da attività edilizie, artigianali e domestiche.
Gli archeologi hanno diviso gli scavi in cinque strati, in ognuno dei quali è presente uno o più elementi che ci rimandano ad un determinato periodo storico.
Nel primo strato possiamo trovare delle tombe molto povere risalenti al periodo dopo l’XI secolo, al di sotto sono stati trovati resti di una modesta casa risalente al periodo dell’alto medioevo (VII-IX secolo). Nel terzo strato sono stati trovati segni di antiche costruzioni, per esempio lussuosi pavimenti in mosaico o tracce di affreschi colorati probabilmente appartenuti a domus imperiali, il tutto risalente all’età dal I al III secolo, nel quarto troviamo un pezzo di storia di età romano-repubblicana (II-I secolo a.C.), dato che è stata fatta riemergere un’imponente colonna in gesso. Infine, dall’ultimo strato cominciano le argille, che ci fanno capire che la zona è stata soggetta a forti alluvioni durate millenni. Possiamo anche affermare che a Imola, anche settemila anni fa, era presente l’uomo e questo ce lo fa capire il ritrovamento di un vaso in ceramica del neolitico antico trovato proprio in questi livelli alluvionali.

(Resti di pavimentazione romana ritrovati durante uno scavo a Imola)



lavoro di ricerca svolto da:
Christian Russo
2^C-AFM

giovedì 21 aprile 2022

L'opera lirica in convento? La strana storia del teatro "Ebe Stignani" di Imola

Il teatro comunale Ebe Stignani è il teatro più importante di Imola. È intitolato alla cantante lirica Ebe Stignani ed ospita rassegne di prosa e di musica di livello nazionale. La curiosità è che questo teatro nasce in quella che, a partire dal XIV secolo, era la chiesa superiore del convento di S.Francesco e tale era rimasta fino al dominio napoleonico di Imola, quando i beni ecclesiastici vennero confiscati ed incamerati dallo Stato. Si decise quindi di trasformare quella struttura in un teatro lirico. 

L'agibilità massima della Sala Grande del Teatro Stignani è di 468 posti a sedere, suddivisi tra la platea, tre ordini di palchi e la galleria. Nel ridotto, che contiene 99 posti a sedere, è collocato un maxischermo che consente di seguire gli spettacoli.


(Facciata esterna del teatro, su via Giuseppe Verdi)


STORIA

Prima della costruzione del teatro attuale, le rappresentazioni teatrali erano allestite nel Teatro dei Cavalieri Associati. Questo teatro era sito in via Selice, era stato costruito dal celebre architetto Cosimo Morelli, dove ora sorge l'ex macello. Venne inaugurato nel 1782, ma pochi anni dopo, il 1 febbraio 1797, fu completamente distrutto da un incendio scoppiato durante l'invasione della città delle truppe francesi.


Si doveva quindi costruire un nuovo teatro. Nel 1810 il convento francescano di Imola era stato soppresso dal nuovo ordine repubblicano e  la chiesa superiore di San Francesco chiusa. Quest'ultima era sita all'interno di un edificio sulla via Emilia, l'immobile venne acquistato da alcuni cittadini imolesi, guidati da Andrea Costa, che decisero di ricavare, nella parte superiore dell'edificio, un luogo per gli spettacoli. Nel 1812 a lavori ultimati, l'edificio prese il nome di Teatro dei Signori associati, e venne dedicato alla dea romana Cerere.


(Prospetto posteriore del teatro dove è visibile l'abside dell'antica chiesa di S.Francesco)

Per sovvenzionare la fabbrica del teatro vennero venduti i palchi ai notabili cittadini, alle famiglie benestanti e alla municipalità. Il 4 agosto 1812 ebbe luogo l'inaugurazione con il dramma "I riti di Efeso" di Giuseppe Farinelli, in prima esecuzione assoluta. 


Nel 1815, con la fine del dominio napoleonico e il ritorno di Imola sotto lo Stato della Chiesa, il pontefice Pio VII decise la chiusura dell'impianto per incompatibilità con il fatto che era stato costruito su un preesistente edificio religioso. Durante i moti rivoluzionari, che si conclusero alla fine di marzo, il governo provvisorio decretò la riapertura del teatro.


Tra il 1832 ed il 1845 si affermò anche a Imola l'opera rossiniana con la messa in scena di alcuni lavori del compositore pesarese, tra cui "Il Barbiere di Siviglia", "La Cenerentola" e "Semiramide". 

Dal 1835 il pubblico si orientò verso un gusto romantico, con le opere di Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti. L'astro nascente di Giuseppe Verdi brillò anche a Imola con l' "Ernani" messo in scena nel 1845. Il 2 giugno 1846 i «Signori associati» decisero di vendere il teatro al Comune di Imola e dopo il Carnevale del 1852 il teatro chiuse per lavori di restauro sotto la supervisione dall'architetto Filippo Antolini.


Venne consolidata la volta della platea su progetto dell'ingegnere Antonio Cerchiari di Imola. Nel 1855 su progetto dell'architetto Luigi Ricciardelli di Bologna venne rifatto il vestibolo e modificata la facciata, con la realizzazione del portico per consolidare la struttura dell'edificio medievale. Il 26 dicembre 1855 il Teatro fu inaugurato con lo spettacolo di prosa della compagnia "Carlo Goldoni" diretta da Francesco Palladini. Dal1885 le opere liriche si alternarono a drammi, a melodrammi, a commedie, ma anche a spettacoli che prevedevano giochi di prestigio e danze acrobatiche, a balli e tombole.


Tra le opere liriche rappresentate nel teatro si ricordano nel 1903 la "Manon Lescaut" di Giacomo Puccini, l'anno successivo la "Carmen" di Georges Bizet, nel 1905 "Il Trovatore" di Verdi, nel 1910 "Lucia di Lammermoor" di Donizetti e la "Tosca" di Puccini, nel 1912 il "Werther" di Jules Massenet, l'anno seguente "La Bohème" di Puccini, nel 1922 il "Mefistofele" di Boito, nel 1929 la "Cavalleria rusticana" di Pietro Mascagni e nel maggio 1931 "Cyrano de Bergerac" di Edmond Rostand.


(Teatro Ebe Stignani - Sala interna)

Nel 2005 il teatro è stato chiuso per realizzate le opere di bonifica dall'amianto e il recupero dell'intero edificio, con un investimento di 12.000.000 euro. Il restauro ha interessato tutte le parti e gli ambienti che compongono il complesso del teatro: il corpo ottocentesco, la biglietteria, gli uffici, i camerini.

Ad oggi il teatro è attivo con una stagione di prosa e di concerti. Per info sugli spettacoli e il cartellone vi invitiamo a collegarvi al sito:

https://www.teatrostignani.it/


Lavoro di ricerca a cura di 

Riccardo Bracchetti

2^C-AFM